“Cercando la libertà. Storie di diritti negati, le pratiche di resistenza delle donne dall’Afghanistan all’Europa”

Un progetto espositivo diviso fra Palazzo dei Musei e Binario49, promosso dal Comune con le associazioni Casa d’Altri, Iniziativa laica e Nondasola.

Un percorso espositivo dispiegato su due sedi – Palazzo dei Musei e Binario49 – e un programma correlato di incontri per riaccendere i riflettori sui conflitti dimenticati nel flusso frenetico della comunicazione e, in particolare sulle storie delle donne che vivono e hanno vissuto la guerra sul proprio corpo, dall’Afghanistan all’Ucraina, e sulle pratiche di resistenza messe in atto per lottare per i propri diritti. È il programma di “Cercando la libertà. Storie di diritti negati, le pratiche di resistenza delle donne dall’Afghanistan all’Europa”, il progetto realizzato dall’Assessorato alle Pari opportunità del Comune di Reggio Emilia e dai Musei civici in collaborazione con le associazioni Casa d’Altri, Iniziativa laica e Nondasola, che prende il via a partire da mercoledì 5 ottobre a Reggio Emilia. GUARDA IL PROGRAMMA COMPLETO

Un percorso di riflessione – che proseguirà fino all’11 dicembre – sui diritti civili, e in particolare su quelli delle donne, per ricordarne la volatilità e l’impegno costante necessario al loro mantenimento, pensato per riportare all’attenzione del pubblico su situazioni ormai scomparse dai riflettori di tv e media internazionali ma che mai quanto oggi hanno bisogno di essere conosciute e approfondite. Una riflessione quanto mai doverosa, che non mancherà di ricordare anche quanto sta accadendo in Iran, con le proteste di piazza a seguito dell’uccisione di due donne: la prima Mahsa Amini, perché non indossava correttamente il velo, e Hadith Najafi, a seguito delle proteste seguite alla morte di Hadith.

Il percorso espositivo si dispiegherà su due sedi: a Palazzo dei Musei sarà allestita la personale della fotografa afghana Roya Heydari, dedicata a chi oggi vive il dramma del paese all’indomani della riconquista del potere da parte dei talebani. A Binario49, invece, verrà allestita l’esposizione collettiva incentrata sulla lotta ai diritti negati che vede i contributi artistici di Clarissa Falco, Malina Suliman, Mohsin Taasha, Caterina Notte, Nicola Guastamacchia e Tommaso Sandri (Collettivo Menti Libere).

Il progetto – che rientra nel calendario più ampio di Trecentosessantacinque Giorni Donna – è promosso dal Comune di Reggio Emilia con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e anche con il contributo di Coopservice e Promusic.

L’inaugurazione – alla presenza dell’assessora a Cultura e Pari Opportunità Annalisa Rabitti, delle artiste e degli artisti coinvolti e dei referenti delle associazioni coinvolte – è in programma per mercoledì 5 ottobre, alle ore 18, presso Binario49 (via Turri 49).

IL CONCEPT – Nell’estate 2021 le immagini dei civili in fuga dall’Afghanistan e della presa del potere da parte dei talebani hanno catalizzato l’agenda quotidiana delle televisioni e dei giornali di tutto il mondo. Per poco più di sessanta giorni le storie delle persone in coda all’aeroporto di Kabul, delle donne pronte a lottare per i propri diritti, degli oppositori politici perseguitati, sono entrate prepotentemente nelle nostre case, per uscirne fin troppo presto. Dopo sole poche settimane da quelle immagini drammatiche, terminata l’evacuazione delle persone straniere presenti, l’Occidente aveva già dimenticato l’Afghanistan e, con esso, la lunga scia di diritti negati e violenza che quel Paese porta tuttora con sé.

Siamo soliti pensare che un diritto conquistato lo sia per sempre, ma non è così e tanti sono gli esempi che lo dimostrano. Come quanto è accaduto e sta accadendo sui corpi delle afghane. A poco più di un anno dall’instaurarsi del regime talebano a Kabul, la loro cancellazione sembra essersi definitivamente compiuta. Costrette al bavaglio le ultime voci libere, spinte a nascondersi e a vivere sotto l’imposizione di una lunga serie di divieti, queste donne hanno pagato a caro prezzo il nuovo corso oscurantista loro imposto che, allontanandole da uno spazio pubblico conquistato a fatica, le ha riportate tra le mura domestiche smantellando tutto quel sistema minimo di diritti costruito negli anni.

La guerra ai diritti, e in particolare ai diritti delle donne, in Afghanistan non è l’unica situazione che ci ricorda della loro volatilità. Ce lo testimoniano le tante guerre silenziose tuttora in corso e spesso dimenticate che, da quell’area di mondo fino all’Europa, coinvolgono milioni di persone. La fotografia di una giovane madre curda morta al confine tra Polonia e Bielorussia mentre aspettava di superare il confine per cercare un futuro migliore per se stessa e per i propri figli, ha riportato l’attenzione per pochi attimi su un’altra grande tragedia in atto alle porte dell’Europa dei diritti. Anche in questo caso un ‘dramma a tempo’, finito sui giornali per alcune settimane e poi scomparso molto velocemente, mentre migliaia di persone restano tuttora bloccate sui confini non soltanto della Polonia, ma anche lungo la rotta balcanica, tra Croazia, Serbia e Bosnia.

Libertà e diritti non sono conquistati per sempre, sono più fragili di quanto si pensi.

Questo progetto vuole riaccendere una luce sulle tante – troppe – situazioni di crisi che mettono a repentaglio i diritti civili, a partire dall’Afghanistan e dalla difficile condizione delle donne per arrivare fino ai confini dell’Unione Europea, per riaccendere un faro su situazioni ormai scomparse dai riflettori di tv e media internazionali ma che mai quanto oggi hanno bisogno di essere conosciute e approfondite. Un approfondimento che tenga dentro lo sguardo sui corpi delle donne, sulle strategie messe in atto dalle resistenti, sulla alleanza tra donne che supera i confini e gli steccati e sulla possibilità di individuare insieme piste di riflessione che non separino il personale e il politico, per diventare risonanza delle cose del mondo.

Storie attuali o appartenenti al più recente passato europeo, fagocitate dall’assoluta voracità con cui il nostro quotidiano viene inondato da informazioni e assorbe queste notizie, per poi dimenticarle in modo bulimico, abbandonandole e sostituendole con altre notizie ed eventi. Un flusso a getto continuo in cui i fatti diventano mero intrattenimento per le nostre curiosità, pronti per essere consumati e poi abbandonati senza impegno e senza attenzione.

Senza la consapevolezza necessaria per comprendere che “nessun uomo è un’isola, intero in se stesso” ma “una parte della terra, una parte del tutto”, e che quindi, in ultima istanza, quanto accade dall’Afghanistan ai confini di Europa ci riguarda molto più di quanto si possa comunemente normalmente immaginare.

LA MOSTRA FOTOGRAFICA A PALAZZO DEI MUSEI – L’ultimo piano di Palazzo dei Musei ospiterà le immagini di Roya Heydari, fotografa e filmmaker Afghana  che da oltre un decennio racconta le storie delle realtà locali dell’Afghanistan con un’attenzione particolare alle donne e ai bambini. Costretta a scappare dalla sua patria dopo la caduta di Kabul nell’agosto del 2021, vive attualmente a Parigi, in Francia, perseguendo la sua professione e veicolando i suoi lavori.

Nelle fotografie esposte a Palazzo dei Musei, Heydari racconta  la vita nell’Afghanistan, lontano dalla guerra e dagli orrori così come sono raffigurati nei media, ora ancor di più. Storie in una terra ricca di cultura e storia spesso dimenticate, raccontate con l’obiettivo di mostrare cosa è rimasto di un paese distrutto da decenni di guerra, e quello che rimane sono le persone. Nelle sue foto non c’è giudizio, nessuna vittima. Solo persone che vivono con le opportunità che hanno a disposizione. C’è un bias resistente: i bambini e le bambine, simbolo di speranza per il futuro del paese, a cui la guerra non è riuscita a rimuovere il sorriso dai volti.

L’ESPOSIZIONE A BINARIO49 – Saranno sei gli artisti – Clarissa Falco, Malina Suliman, Mohsin Taasha, Caterina Notte, Nicola Guastamacchia e Tommaso Sandri( Collettivo Menti Libere) – che, all’interno di Binario49, daranno vita a un percorso espositivo collettivo, curato da Benedetta Incerti, pensato come un percorso di presenza-assenza composto da opere che portano in sé il peso della censura, un corpo nascosto, privato di identità, ma con una fortissima valenza simbolica: la lotta ai diritti negati. Infatti il visitatore si trova davanti a figure delicate, immateriali di cui non compaiono generalità ma che con grande tenacia combattono la tentata eclissi da parte dell’uomo. Un percorso nel quale nonostante la censura, il visitatore è in grado di percepire l’energia presente dietro i veli, sotto i drappi rossi, nei volti celati, cuciti ed intrecciati con il dolore di essere rifiutati e perseguitati, duramente esaminati dallo sguardo giudicante dello stigma e allontanati. Una istallazione audio con voci di profughi e donne ucraine che arrivano alla stazione di Monaco pronti per essere smistati, accompagna il fruitore; un sonoro che aleggia in tutto lo spazio e che introduce l’ultima opera in cui viene disvelato che la lotta ai diritti è una questione ecumenica, non di un popolo solo . 

La collettiva artistica propone un atto unanime di un gruppo riunito da una visione comune: l’utilizzo dell’arte nella sua funzione di riaprire il dialogo su temi ove l’informazione spesso lo chiude, proprio attraverso la sovrabbondanza di notizie. 

GLI INCONTRI DI APPROFONDIMENTO E IL FILM – Sei incontri tematici in programma a Binario49, cui si aggiunge una proiezione al Cinema Rosebud: il programma di iniziative e appuntamenti di “Cercando la libertà” prende il via mercoledì 12 ottobre, alle ore 21, con la presentazione del libro ‘Le guerre delle donne’ della giornalista, scrittrice e regista Emanuela Zuccalà, un racconto corale  In un intreccio di reportage giornalistico e colloquio intimo, in cui trenta donne raccontano le loro storie dall’Africa al Brasile fino all’Europa, unite nel dire no alle ingiustizie e alla violenza.

Giovedì 20 ottobre, (ore 21) si parla di Afghanistan per l’appuntamento ‘Dietro il velo dell’ingiustizia: essere donne nell’Afghanistan dei talebani’, con la giornalista e direttrice di Radiobullets  Barbara Schiavulli; Grazia Bonanni, attivista del Cisda (Coordinamento italiano in sostegno delle donne afghane) e una socia delegata dell’Associazione Rawa (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan – Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane), che sarà in Italia eccezionalmente dall’Afghanistan per portare la sua testimonianza diretta.

Mercoledì 26 ottobre (ore 21) il focus si sposta sull’analisi del rapporto tra immagini di guerra, memoria e consapevolezza con l’incontro ‘Se non li guardi, non esistono. Una riflessione sui conflitti presenti e su quelli dimenticati attraverso il loro racconto per immagini’ dialogo con Michele Smargiassi, giornalista di Repubblica e curatore del blog Fotocrazia, racconta il legame che esiste tra immagini, messaggio e didascalie.

Non poteva mancare un momento di riflessione dedicato alla guerra in Ucraina, che si svolgerà l’8 novembre e che vedrà la partecipazione della giornalista e inviata di guerra Luciana Coluccello, Rebecca Germano coordinatrice del progetto ‘Leaving Violence. Living Safe’ – D.i.Re Donne in rete contro la violenza ed Eleonora Lozzi, psicologa e psicoterapeuta, Responsabile dell’area accoglienza e ospitalità del Centro Veneto Progetti Donna – Padova impegnata come operatrice D.i.Re nei blue dots di Unhcr/UNICEF a Tarvisio.

Martedì 15 novembre al centro della programmazione ci sarà una riflessione sulla guerra in Bosnia Erzegovina, promosso in collaborazione con Iscos Emilia-Romagna, nell’ambito dell’incontro “Una guerra sul corpo delle donne. per non dimenticare la Bosnia dopo 30 anni” con il giornalista Luca Leone, la presidente dell’associazione “Zaboravljena Djeca Rata/Forgotten children of war,Ajna Jusic e Amra Delic, neuropsichiatra specializzata nello studio delle conseguenze a lungo termine dello stupro sulle vittime.

Infine, sabato 3 dicembre (ore 21) va in scena lo spettacolo/reading “Cercando la libertà. Letture sceniche dall’Afghanistan” di Cinzia Spanò, attrice e fondatrice del collettivo Amlet_a, a partire dal libro di Cristiana Cella “Sotto un cielo di Stoffa. Avvocate a Kabul”, una raccolta di storie e di voci di donne forti che ci portano dentro la loro vita quotidiana, facendoci partecipare alle loro sfide, al loro coraggio, tenace, generoso e leggero.

Il calendario degli appuntamenti sabato 26 novembre si sposta al Cinema Rosebud (ore 16) con la proiezione del film “Hava, Maryam, Ayesha” della regista afghana Sahraa Karimi, alla presenza della stessa regista (ingresso 5 euro). Tre donne afgane di diversa estrazione sociale, residenti a Kabul, devono affrontare una grande sfida nelle loro vite. Hava, una donna legata alle tradizioni, incinta, della quale non importa niente a nessuno, vive con i suoceri. La sua unica gioia consiste nel parlare con il bambino che ha in grembo. Maryam, una colta giornalista televisiva, sta per divorziare dal marito infedele, il quale scopre che è incinta. Ayesha, una ragazza di diciotto anni, accetta di sposare il cugino, poiché il ragazzo che l’ha messa incinta è scomparso dopo aver saputo della sua gravidanza. Deve pertanto trovare un dottore per abortire e ritrovare la verginità. Per la prima volta, ciascuna di loro deve risolvere il proprio problema da sola…

Il programma completo degli appuntamenti è disponibile sul sito www.comune.re.it e sulla pagina https://eventi.comune.re.it/eventi/evento/cercando-la-liberta/