Una preghiera in musica per le vittime reggiane del Covid 19: l’appuntamento è per sabato 19 marzo 2022 alle 21 nella Cattedrale S. Maria Assunta di Reggio, in piazza Prampolini, con il concerto dal titolo “RECORDARE” promosso dalla Pastorale per la Salute della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla. La Filarmonica Città del Tricolore diretta da Stefano Tincani e il Coro Polifonico La Corbella di Campagnola Emilia diretto da Paola Tognetti eseguiranno il Requiem op. 48 di Gabriel Fauré nella trascrizione curata dallo stesso Tincani per coro, soli, organo, arpa e orchestra di fiati. Il concerto vedrà la presenza anche di Milo Martani all’organo e di Elena Biasi all’arpa. Solisti il soprano Paola Tognetti e il basso Roberto Scandura. Ingresso libero con green pass fino ad esaurimento dei posti disponibili tenuto conto delle regole anti Covid 19 ancora in vigore.
L’organizzazione del concerto ha visto la collaborazione anche di numerosi privati cittadini che hanno inteso così ricordare i defunti reggiani tragicamente colpiti dagli effetti della pandemia.
Gabriel Fauré scrisse il Requiem tra il 1886 e il 1887, in memoria del padre, morto a Tolosa nel 1885. Il lavoro fu eseguito per la prima volta alla Madeleine, nel 1888, dopo la morte anche della madre di Fauré e rimase l’unica opera di vaste dimensioni e con l’intervento dell’orchestra scritta dal compositore francese per la chiesa. Il Requiem fu nuovamente eseguito alla Madeleine nel 1924, per i funerali dell’autore. Un’opera piuttosto pacifica, luminosa, che ha la particolarità di non contenere “Dies irae”, ma che comprende un “In paradisum”, tradizionalmente cantato al termine di una cerimonia funebre.
Il Requiem di Fauré si distacca notevolmente dalle altre composizioni romantiche del genere: colpisce in primo luogo il rifiuto a musicare il Dies irae, del quale invece sia Berlioz sia Verdi avevano fatto il centro di un vero e proprio dramma religioso. Nel Requiem di Fauré è assente ogni violenza e ogni contrasto; in esso prevale un sentimento di rassegnazione e di abbandono, a volte si potrebbe addirittura dire un desiderio di assenza e di silenzio. Sembra che Fauré abbia scelto i brani della liturgia da musicare con il proposito di sottolineare quest’idea, visto che non solo cinque dei sette numeri contengono la parola requiem, ma che in uno di essi (il Pie Jesu che sta al posto del Benedictus) la parola sempiternam è ad essa aggiunta senza l’appoggio della liturgia.
Le due voci soliste, un baritono e un soprano, compaiono nella seconda parte dell’Offertorio (Hostias et preces tibi) e nel Lìbera me il baritono, nel Pie Jesu il soprano. Sono trattate in modo essenzialmente lirico, con piana e semplice effusione melodica. Decisamente lirico è del resto tutto il Requiem, di un lirismo sommesso e ìntimo, che rifugge da ogni esteriore ingrossamento od urto violento di contrasti, ed è invece animato da una profonda melanconia, quasi una rassegnazione mistica. Queste le chiare parole di Gabriel Fauré: «È stato detto che il mio Requiem non esprime la paura della morte e qualcuno l’ha definito una ninna nanna della morte. Ma è così che vedo la morte: come una liberazione felice, un’aspirazione alla felicità in alto, piuttosto che un’esperienza dolorosa»
Due brani unici precedono e seguono il Requiem di Fauré nel programma del concerto: “Lascia ch’io pianga” di Georg Friedrich Haendel per solo, organo e arpa, e “Ave Maria” di Giulio Caccini per solo, coro, organo e arpa.