I volontari del GAOM odv partiti in questi mesi per le missioni in Etiopia, hanno trovato una situazione socio politica del Paese molto preoccupante.
Dopo aver concluso poco più di un anno fa il conflitto con il Tihray che secondo le stime ha provocato 1 milione di morti, il governo centrale dell’Etiopia ha ripreso le ostilità a nord contro gli Amhara. Nel frattempo il primo ministro Abij Ahmed, sta cercando uno sbocco commerciale ad est, sul mare, arrivando a contattare la Somaliland, regione ad ovest della Somalia, governata da bande di ribelli.
Si respira tra la gente molta insoddisfazione. La popolazione si sente trascurata da Abij; il divario sociale tra benestanti e poveri è sempre più marcato. In molti casi, chi prima era povero e si è arricchito attraverso il commercio, non vuole più avere a che fare con la povertà, disinteressandosi di chi sta peggio di loro. I prezzi delle materie prime e degli alimentari sono quintuplicati. Molte attività hanno chiuso anche solo con la scusa di non dover pagare le tasse rendendo sempre più difficile il reperire le merci. Tanta gente è alla fame. Mendicanti e bambini denutriti occupano le strade di Shashemene. La zona centrale dell’Oromia è assolutamente da evitare. E’ terra di rapimenti da parte dei ribelli, che poi chiedono il riscatto.
Il BEER, la moneta locale, è ormai carta straccia, a causa della svalutazione inarrestabile che sta vivendo il Paese. In banca 1 euro è scambiato a 60 Beer, ma la gente ricorre al mercato nero che valuta il cambio fino al doppio del valore ufficiale.
Ma in questo contesto non manca la speranza.
Fra gennaio e febbraio sono infatti partite due spedizioni di volontari del GAOM odv per raggiungere la missione di Shashemene in Etiopia.
Il primo gruppo era formato da volontari provenienti da diversi paesi del nostro appennino: Valentina, Viola, Fiorenza, Iman, Lorenzo, Gianni, Gianluca ed Alberto. A loro si sono uniti Fabio da Reggio Emilia, Giuseppe e Stefano da Cesena e Marsilio da Milano, oltre ad Elidio di Ivrea che era già in Etiopia da novembre.
Il secondo gruppo è invece formato dai montanari Simone, Francesco, Tommaso, Andrea e Elena, ai quali si sono aggiunte Cristina, Asia e Margherita, provenienti da Bergamo e dalla Toscana.
Molti nomi nuovi, ma soprattutto molti giovani, che portano con se la voglia di vivere cose belle.
C’è molta bellezza infatti nelle missioni in Etiopia, nonostante il Paese stia vivendo un periodo molto buio.
La bellezza di vedere giovani e meno giovani accudire i bambini con le loro madri che raggiungono il centro delle suore del De Foucauld per essere lavati e nutriti. Poi molti di loro, soprattutto i bambini denutriti e malati, vengono portati nell’ambulatorio dove sono seguiti da medici ed infermieri
La bellezza di incontrare Firehiwot, la ragazza responsabile del Progetto Mariam di valorizzazione della donna, per fare un bilancio sulle 16 ragazze inserite e vedere come ognuna sta seguendo il proprio percorso formativo e professionale. Un’altra ragazza ha chiesto di poter entrare nel progetto.
La bellezza dei bambini di Casa Famiglia che si prendono cura l’uno dell’altro ed hanno superato brillantemente gli esami del primo semestre scolastico. Ora durante le vacanze, sono impegnati nel collaborare con l’avanzamento dei lavori di miglioria di Casa Famiglia. E’ in fase di realizzazione il negozio di rivendita dei prodotti del panificio. I nuovi laboratori del pane e della falegnameria sono stati allestiti nel capannone di Casa Famiglia. E’ stato inoltre collegato il magazzino alla cucina ed è stata allestita vicino alla biblioteca la sala computer.
La bellezza dei nostri ospiti poliomielitici che risiedevano a Gighessa, prima che la missione fosse bruciata. Sono state restaurate le loro camere e tutta la casa che li accoglie.
La bellezza dei tanti giovani cresciuti in questi anni con i nostri progetti e con i quali è nato un rapporto di famiglia.
La bellezza delle tante relazioni con la popolazione locale segno di un proficuo cammino di condivisione.
La bellezza dell’incontro a Lepis con il kabelè locale, i capi tribù, per vedere come completare il pozzo che fornisce acqua potabile alle 5000 persone che abitano la zona di foresta.
Proprio loro, i capi, ci hanno insegnato cosa significa condividere. Seduti in cerchio, sul prato in mezzo alla foresta, nel pianoro che sovrasta il villaggio di capanne, come fanno ad ogni loro riunione, ringraziano tutti insieme Dio per ogni dono. Solo successivamente cominciano a discutere fra di loro. Ortodossi, mussulmani, protestanti, cattolici.
Tanti volti e nomi che hanno una storia e che nel loro piccolo sono la speranza di questo popolo.
Alberto Campari, presidente Gaom